LA STORIA DEL PREMIO CARLUCCIO VILLA
La maestra Adele Castelli racconta
“C’è una data che segna la nascita del premio Carluccio Villa, ed è il 12 maggio 1955. Dirò subito perché il Premi è nato quel giorno, anche se, in concreto, è stato assegnato per la prima volta solo l’anno successivo; ma occorre innanzitutto chiarire in breve qual era la situazione in cui gli insegnanti, e parlo soprattutto per quelli fra noi che si riconoscevano nell’AIMC (Associazione Italiana Maestri Cattolici), si trovavano a operare. L’obbligo scolastico arrivava, a quel tempo, alla quinta elementare: solo diversi anni più tardi, infatti, è stato portato alla terza media ed è recente la sua estensione alle superiori. La questione era semplice: c’erano diversi bambini e bambine che avrebbero potuto proseguire, per le doti intellettuali di cui erano forniti e per l’impegno che mettevano nello studio, anche oltre i limiti minimi imposti dalla legge, ma che in concreto non avevano i mezzi per farlo, perché le condizioni economiche delle loro famiglie non lo permettevano. La nostra associazione non poteva certo intervenire su larga scala: anche le nostre risorse erano piuttosto scarse; potevamo però, forse, lanciare un segnale, offrendo a un alunno o a un’alunna di ogni Circolo didattico – in quegli anni i circoli erano solo due, quello delle Tommaseo e quello delle Manzoni – la possibilità di iscriversi alle medie o all’avviamento professionale, secondo le inclinazioni di ciascuno. Un segnale: ma un segnale che sarebbe stato, nello stesso tempo, un modo forse piccolo, e tuttavia significativo, di intervenire concretamente in un problema che non era solo scolastico, ma soprattutto sociale. C’era dunque questa sensibilità, questa apertura a lanciare un messaggio di solidarietà attraverso l’istituzione di un premio. Ma un premio, a me pareva, ha bisogno di un nome; ha bisogno di intitolarsi a qualcuno che possa essere portato come esempio ai ragazzi e alle ragazze. Un esempio di generosità, di impegno, anche nel sociale, che colpisca, che faccia riflettere, invogli all’emulazione.
Purtroppo, verso la fine del 1954, ci si presentò l'opportunità di scegliere il nome che stavamo cercando. Dico 'purtroppo', perché un premio di questo genere non può, per motivi di opportunità, essere intitolato a una persona vivente, per quanto grandi siano i suoi meriti; ed è ovvio che intitolarlo a un morto significa che vicino a noi c'è stata una tragedia. La tragedia, in effetti, avvenne il 21 settembre 1954, quando un giovane nel fiore degli anni, Carluccio Villa, morì di tifo. Carluccio era figlio del professor Emilio Villa, che a quel tempo insegnava lettere all'Istituto magistrale di Varese, e che certamente molti ricordano come provveditore agli studi della nostra provincia. Carluccio studiava medicina, perché, determinato a spendere la propria vita al servizio degli altri, questa facoltà gli appariva come la strada migliore per realizzare i suoi progetti; ma per non gravare sulla famiglia aveva deciso di lavorare mentre frequentava l'Università: così aveva cominciato a insegnare educazione fisica alle medie di Somma Lombardo. Era - diceva - un'attività che non gli portava via troppo tempo e dunque, mentre gli garantiva una certa autonomia, gli lasciava anche l'agio di seguire le lezioni. La sua morte impressionò molta gente, e lo si vide bene al funerale: ci fu una partecipazione straordinaria, caratterizzata da una commozione che andava al di là della circostanza, in sé certo toccante, della fine di un giovane di poco più di vent'anni. Io non ero presente, perché non conoscevo né Carluccio Villa nè, a quel tempo, la sua famiglia; ma fui impressionata dal racconto che dei funerali mi fece una cara amica, Ida Silanos, figlia della maestra Maria Silanos e collega - lei insegnava lettere - del defunto.
Le parole di Ida mi fecero scoprire la figura di un giovane aperto, simpatico, sportivo, che coinvolgeva i ragazzi della scuola in attività anche non strettamente scolastiche; che manteneva volentieri relazioni anche fuori dal ceto sociale al quale apparteneva per nascita e per studi, per esempio suonando, se la memoria non mi tradisce, in un'orchestrina; che, soprattutto, dedicava agli altri il suo tempo libero.
Insomma, qualcuno che si poteva legittimamente portare come esempio agli alunni dell'ultimo anno della scuola elementare. Così mi venne l'idea che il premio, a cui stavamo pensando proprio in quel periodo, potesse essere intitolato a lui, Carluccio Villa.
Chiesi un colloquio al padre, il professor Emilio, e lo pregai di accettare: era anche un modo, gli dissi, di perpetuare il ricordo di suo figlio, di riscattare la tragedia collocandola in una storia di solidarietà che sarebbe potuta durare a lungo. Ricordo con emozione quel giorno e quell'incontro, quando il professore diede il suo accordo. Posso aggiungere che Emilio Villa rimase poi sempre fedele al premio intitolato a suo figlio e partecipò finché poté alle cerimonie che si susseguirono negli anni; solo alla fine, quando era molto anziano e anche la signora non stava bene, dovette rinunciare a intervenire, ma lo fece con rammarico, come testimonia questa lettera, che ancora conservo.
Ho detto prima che la vera fondazione risale al 12 maggio 1955. Quel giorno ci fu un incontro, organizzato dall’AIMC, al quale intervenne anche il professor. Villa, e in quell’occasione si decise ufficialmente di istituire il Premio. Si era ormai alla fine dell’anno scolastico e non era pensabile che il riconoscimento fosse assegnato già per il 1954-1955: occorreva infatti prendere contatto con i due Circoli didattici, sollecitare dai maestri e dalle maestre le segnalazioni degli alunni meritevoli, vagliare le candidature; rimandammo dunque la premiazione al 1955-1956 e ci concentrammo su quello che si poteva e si doveva fare subito. Avevamo bisogno di uno statuto e non c’era, per questo compito, persona più indicata del dottor. Enrico Tosi, commercialista ben noto in città e in seguito deputato, al quale è stato intitolato l’Istituto tecnico commerciale. Mi rivolsi dunque a lui e lo statuto in poco tempo fu redatto. Non spetta forse a me parlarne, ma il Premio è stato apprezzato da molti, in tutti questi anni.: basta pensare che tra i presidenti c’è stato anche Angelo Borri, sindaco indimenticabile di Busto, che teneva a questa nostra iniziativa; o che le conferenze che hanno reso più solenni le cerimonie, conferendo loro una dimensione culturale che andava ben oltre i limiti della scuola elementare o media, sono state tenute da personaggi di primo piano, come per esempio il manzonista Claudio Cesare Secchi; ma si può aggiungere che qualcuno ha sostenuto, secondo me con ragione, che un premio simile al nostro dovrebbe essere istituito in ogni Comune. Non sta a me giudicare, o ripeto ancora una volta. Il nostro Premio, con il passare degli anni, ha dovuto rispondere a esigenze nuove e diverse, e no ci siamo tirati indietro, per quanto ce lo consentivano i nostri mezzi: siamo venuti in contro, per esempio, a partire dagli anni ’60, ai bisogni di alcuni alunni che si trovavano in difficoltà per le spese da sostenere nella nuova scuola media; abbiamo aiutato dei portatori di handicap: e si potrebbe continuare. Ma non si è mai persa la spinta ideale che ci aveva mossi all’inizio: l’aiuto agli studenti nel nome di una figura, quella di Carluccio Villa, in grado di imporsi come modello e capace di parlare anche ai ragazzi di un’altra generazione.”
(testimonianza raccolta da Edoardo Fumagalli)